venerdì 31 agosto 2012

Introdurre la fatturazione differita per i servizi internazionali Dal 17/03/2012 il momento di effettuazione dei servizi generali nei rapporti con operatori non residenti va individuato nell'ultimazione dello stesso. La nuova regola genera notevoli difficoltà a rispettare i termini attualmente disciplinati dalle regole sulla fatturazione immediata. E'opportuno introdurre anche per le citate operazioni il sistema della c.d. fatturazione differita in aderenza all'art. 222 della Direttiva 2006/112/CE (come novellato dalla Direttiva 2010/45/CE). Diversamente gli operatori potrebbero incorrere in rischi sanzionatori per ritardi difficilmente evitabili. Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

lunedì 6 febbraio 2012

Introdurre gli elenchi Intra acquisti nella dichiarazione annuale Iva

PROPOSTA
L’art. 268 della Direttiva 2006/112/CE non obbliga, ma consente, agli Stati membri ad introdurre elenchi riepilogativi per gli acquisti intracomunitari di beni. Mentre la gran parte dei Paesi ha introdotto esclusivamente gli elenchi delle cessioni di beni e dei servizi previsto dall’art. 263, solo alcuni Stati, fra i quali l’Italia, prevedono tale adempimento anche per gli acquisti. L’Italia lo ha esteso, addirittura, agli acquisti di servizi nonostante, a tal riguardo, manchi una previsione nel citato art. 268. Considerato che l’elenco acquisti non è imposto dalla UE, potrebbe essere integrata la dichiarazione annuale Iva ed introdotta la facoltà dei contribuenti di compilare ed inviare l’elenco acquisti esclusivamente in sede di dichiarazione annuale. Si ridurrebbero così molti adempimenti infrannuali.

Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

Autofatture da San Marino: è pleonastica la comunicazione ex art. 16 co.1/c del D.M.24/12/1993

Per i caso in cui l'acquisto di merce da San Marino avvenga senza addebito dell'Iva da parte del fornitore sammarinese, l'operatore Iva italiano deve assolvere l'imposta a norma dell'art. 17 co.2 del DPR 633/72 e comunicare all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate gli estremi della doppia registrazione effettuata nel registro vendite ed acquisti (art. 16, co.1/c, del D.M.24/12/1993).

A seguito dell'introduzione della comunicazione telematica delle operazioni con controparti black list (art. 1 D.L. 40/2010) il citato adempimento appare inutile e ridondante. Andrebbe quindi eliminato.

6/2/2012
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

sabato 28 gennaio 2012

Complicazioni da comunicazione spesometro

Non si discutono le finalità (contrasto alle frodi Iva e all'evasione alle imposte sui redditi) del nuovo adempimento introdotto dall'art. 21 del D.L. 78/2010 ed attuato dal Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate datato 22/12/2010 (e successive modifiche). Sono discutibili, invece, le modalità con le quali questo strumento è stato delineato dall'Agenzia. Le informazioni richieste ed individuate dopo ben tre scritture dei tracciati record (l'ultima del 16/9/2011) richiedono una ricostruzione retroattiva sul 2010 e 2011 di dati che non erano conosciuti dagli operatori nel momento di registrazione delle operazioni oggetto del nuovo adempimento. Ineludibile, quindi, l'esiegenza di un massiccio e costoso ricorso ad interventi manuali sugli archivi relativi alle operazioni già annotate.

Ricordiamo i numeri
Ben 5 (con complessive tre versioni dei tracciati record) sono stati i Provvedimenti che interessano la comunicazione ordinaria dello spesometro e 2 sono quelli che interessano la comunicazione speciale per i leasing, locazioni e noleggi. Vi si aggiungano: la circolare 24/E di maggio 2011; le risposte alle associazioni di categoria datate 22/09/2011, 11/10/2011, 22/12/2011 e 13/1/2012 oltre a qualche comunicato stampa e articolo su Fisco Oggi.

Le difficoltà degli operatori
Le imprese interessate dal nuovo adempimento fanno notare le molteplici contraddizioni che derivano dall’analisi dei numerosi documenti prodotti dall’Agenzia delle Entrate che, lungi dal fare chiarezza, hanno generato ulteriori situazioni di incertezza. Esse, infatti, lamentano l’eccesso di complicazioni che derivano dall’interpretazione e dall’applicazione operativa dei citati documenti e, in particolare:
•la complessa individuazione e selezione, con effetto retroattivo, delle fatture, singolarmente “sotto soglia”, ma complessivamente sopra, relative ai c.d. “contratti collegati”, a quelli con “corrispettivi periodici” o anche, più semplicemente, alle fatture di acconto e saldo;
•la difficoltà degli operatori nel distinguere le tipiche compravendite dai più articolati (e non meglio definiti) contratti di fornitura o somministrazione di beni considerato che, raramente, le pattuizioni contrattuali permettono di individuare agevolmente, ed in modo preciso, l’istituto contrattuale di riferimento;
•l’aumento esponenziale delle citate difficoltà che si genera, dal 2011, con la riduzione da € 25.000 ad € 3.000/€ 3.600 delle soglie di rilevanza;
•l’abbinamento delle operazioni alle “modalità di pagamento” (importo non frazionato; importo frazionato; corrispettivi periodici);
•il “collegamento” delle note di variazione alle fatture (le variazioni dello stesso anno vanno sommate algebricamente all’operazione originaria mentre quelle intervenute successivamente vanno indicate in separati dettagli che richiedono altresì data e numero della fattura da rettificare);
•la manutenzione delle anagrafiche, anche al fine della corretta selezione del dettaglio record, con particolare difficoltà di reperire, con effetto retroattivo, informazioni su clienti occasionali (in particolare se non residenti e, soprattutto, dei dati del rappresentante persona fisica nel caso di soggetto collettivo non residente);
•l’ineludibile necessità di intervenire manualmente negli archivi informatici del 2010 e 2011 considerato che le informazioni di cui sopra non erano note al momento della registrazione delle fatture.

Il paradosso delle soglie
Il Provvedimento 22/12/2010 dà attuazione all’art. 21 del D.L. 78/2010 con il quale legislatore ha delegato al Direttore dell'Agenzia il compito di individuare modalità e termini, "tali da limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila". E’ evidente, da una parte, che la citata soglia, come già precisato nella C.M. 24/E del 30/5/2011, “risponde ad uno dei principali obiettivi che la norma si prefigge di realizzare, consistente nella necessità di perseguire le forme di frode ed evasione di maggiore rilevanza” e, dall’altra, che la stessa non può rappresentare un ostacolo operativo per i contribuenti avendo lo scopo di circoscrivere gli adempimenti ad una più ristretta platea di titolari di partita IVA. Eppure, il maggior ostacolo operativo del nuovo adempimento nasce proprio dall'individuazione delle soglie che, se hanno una loro logica in certi settori (come quello del commercio al dettaglio) tradizionalmente legati all'emissione di scontrini o ricevute fiscali, obbliga gli operatori ad effettuare una difficile ricerca del collegamento negoziale fra fatture per non parlare di quello fra contratti diversi.

Violazione dello Statuto del contribuente (L. 212/2000) e delle Statuto delle imprese (L. 180/2011)
La prima scadenza dell'adempimento in analisi è stata, da ultimo, prorogata al 31/1/2012 e riguarda l'annualità 2010. Formalmente né l'articolo 3 comma 1 (... relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono) né il comma 2 (le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti) sono stati violati poiché sia il provvedimento del 22/12/2010 che quello del 16/9/2011 (l'ultima modifica dei tracciati)si collocano nel rispetto temporale delle norme citate. Il punto, però, è l'effetto rettrattivo delle informazioni richieste che costringono gli operatori ad integrare archivi del 2010 e 2011 con informazione che non erano note all'epoca dei fatti. Il nuovo adempimento viola, quindi, dal punto di vista sostanziale, lo spirito delle disposizioni contenute nello Statuto del contribuente che contrasta la retroattività nell'introduzione di nuovi adempimenti.
Nelle note del 22/12/2011 (e in quelle del 13/12/2012) l'Agenzia ha ritenuto altresì di precisare che i committenti devono comunicare anche le fatture passive ricevute da una società di leasing ancorché tali operazioni siano già oggetto di una speciale comunicazione all'Anagrafe tributaria da parte delle società di leasing. Tale precisazione è in netto contrasto con quanto indicato, in materia di esclusioni delle operazioni da comunicare, sia nel Provvedimento del 5/8/2011 (comunicazione speciale leasing, poi estesa ad alcune locazioni e noleggi) che nel Provvedimento del 22/12/2010 (comunicazione ordinaria spesometro), sia con i principi dello Statuto del Contribuente (in particolare dell’art. 6, co.4) che dell’art. 7, co. 1, lett. f) del D.L. 70/2011 (rubricato “semplificazioni fiscali”). La precisazione è altresì in contrasto con il principio di “progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle micro, piccole e medie imprese, in conformità con quanto previsto dalla normativa europea” recentemente sancito dalla L. n. 180/2011 (Statuto delle imprese).

L'auspicio per una semplificazione dell'adempimento
Rendere facoltativa la gestione delle soglie in modo che i contribuenti che lo ritengono più agevole potranno comunicare tutte le operazioni (sopra e sotto soglia) evitando così proibitive analisi circa l’esegesi contrattuale delle operazioni fatturate che, anche a regime, portano all’aumento esponenziale dei tempi delle rilevazioni contabili e, di conseguenza, dei costi di tenuta della contabilità per le aziende.

Gennaio 2012
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

Note
Sulla vicenda è stata presentata in data 30/1/2012 un'interrogazione parlamentare da parte dell'On. Calearo Ciman Massimo.

LA SOLUZIONE DEL CASO - *** 5/4/2012 ***
La comunicazione rimane, ma con queste importanti novità, che risolvono gran parte delle difficoltà sopra evidenziate:
- per il 2011 i dati potranno essere inviati anche senza considerare la complessa analisi delle soglie. Il comunicato stampa dell'Agenzia delle Entrata datato 5/4/2012 conferma che “il software di trasmissione è stato opportunamente modificato consentendo l’invio di operazioni di importo inferiore alla soglia”. La nuova versione del citato software dell’Agenzia (la 2.01 del 26/3/2012) accetta anche l’inserimento di operazioni di importo non superiore ad € 3.000/3.600, pur indicando come modalità di pagamento “1 - importo non frazionato” (in precedenza, invece, gli importi sotto soglia erano ammessi solo se abbinati alla modalità “2 - importo frazionato” o “3 - corrispettivo periodico;
- dal 2012 in avanti, l'art. 2, co.6, del D.L. 16 del 2/3/2012 (decreto semplificazioni) ha modificato la norma prevedendo un invio cumulativo per ciascun cliente e fornitore a prescindere dagli importi (come avvenne per i soppressi elenchi 2006/2007), salvo il mantenimento della soglia di € 3.600 (Iva compresa) per le singole operazioni per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura (es. scontrini e ricevute fiscali).

giovedì 29 aprile 2010

ComUnica (impresa in un giorno): semplificazione per i contribuenti o per la pubblica amministrazione ?

La novità con chiaro intento di semplificazione è stata introdotta dall’art. 9 del D.L. n. 7/2007. Ma semplificazione per chi ? Per l’utenza o per la pubblica amministrazione ? Questo è il punto interrogativo che rimane dopo i primi approcci alla nuova procedura. La nuova modalità di presentazione delle pratiche (di inizio, variazione e cessazione attività) al Registro imprese, Agenzia delle Entrate, Inps ed Inail è ufficialmente in vigore dal 01/10/2009 e l’utilizzo è obbligatorio per le imprese dal 01/04/2010. In realtà, almeno per il momento, non si tratta di un’unica procedura di compilazione e gestione delle pratiche (che rimangono distinte per i vari enti) ma di un nuovo sistema di comunicazione telematica (una sorta di postino elettronico) che convoglia le pratiche (che continuano a rimanere distinte) in un unico punto di smistamento individuato nel Registro imprese (CCIAA). Nulla di male se non fosse che questo nuovo sistema, tutt’altro che user friendly, preclude ancor più la possibilità di agire in proprio da parte dell’imprenditore, che si vede sempre più costretto a rivolgersi a professionisti e ad associazioni in grado di assisterlo negli adempimenti. Nulla di nuovo, peraltro, da questo versante poiché la complessità del sistema normativo nazionale comunque impone di rivolgersi ad un professionista, anzi a più professionisti, specializzati in materia. La nuova procedura è esclusivamente telematica (o, eventualmente, informatica) e richiede, fra le altre, il massiccio ed ineludibile utilizzo di soluzioni tecnologiche quali firma digitale e (questa è una delle novità di rilievo e di criticità) della posta elettronica certificata (PEC); strumenti che non hanno ancora raggiunto soddisfacenti livelli di diffusione e (soprattutto) di spontaneo utilizzo. La PEC viene chiesta non solo all’intermediario (consulente, associazione, ecc) che viene incaricato dal contribuente a gestire la pratica ma anche all’impresa (PEC d’impresa). Questa imposizione (prevista dal D.P.C.M. 6/5/2009) rappresenta una forzatura che appesantisce la gestione della pratica agli stessi intermediari che devono rincorrere l’apertura della PEC da parte del proprio cliente. I paradossi da più parti rilevati in questa prima fase sono molti. Uno di questi è rappresentato dal fatto che per concludere un abbonamento PEC viene normalmente richiesto dal gestore il codice fiscale/P.Iva del richiedente (l’impresa). Nel caso di società costituenda, il codice fiscale e la partita Iva vengono rilasciate solo a seguito della presentazione della pratica ComUnica. Per presentare la comunicazione unica non basta, però, l’indirizzo PEC del professionista che lo assiste, ma serve anche quello dell’impresa (ancorché l’impresa non sia interessata a questo, pur interessante, strumento). La soluzione, “tutta Italiana”, è offerta da alcuni gestori che consentono ai Notai di richiedere l’attivazione della PEC per i propri clienti anche in mancanza del codice fiscale/partita Iva. Diversamente … non si procede ! L’obiettivo è chiaro: carta zero e soprattutto evitare le difficoltà per la Pubblica amministrazione nella gestione della notifica dei propri atti agli interessati. Il domicilio elettronico risolve queste difficoltà. Ma non potrebbe bastare (quantomeno per le pratiche di inizio attività) il domicilio dell’intermediario a cui si rivolge l’impresa ?. Per gli enti coinvolti (almeno per il momento) la risposta è negativa ed è evidente che la “ridigità” è legata al rischio di compromettere la diffusione della PEC sui cui indubbiamente punta la Pubblica amministrazione. La sensazione è che l’obiettivo di agevolare la costituzione di un’impresa in un giorno sia tutt’altro che realizzato. Il cammino appare ancora lungo e tortuoso ed il successo di questa semplificazione, che per il momento risulta tradita e si concretizza in poco più di uno "slogan", non potrà che dipendere da una concreta, ancorché difficile, semplificazione e omogeneizzazione delle normative che stanno alla fonte degli adempimenti. Quelle che interessano oggi non solo Agenzia delle Entrate, Registro Imprese, INPS ed INAIL ma anche molti altri enti che coinvolgono la vita delle imprese sono ancora troppo dicotomiche e mal si conciliano fra loro. Né è riprova, considerati i diversi termini previsti dalle relative discipline, l’impossibilità di riuscire ad avviare contestualmente l’impresa con l’assunzione di dipendenti.

Iva vitto e alloggio: il fisco dimentica le semplificazioni volute dal legistatore nel 1996

PARADOSSI INTERPRETATIVI
Indeducibilità dell’Iva non detratta su vitto e alloggio. Nonostante l’introduzione, da settembre 2008 (modifiche introdotte dal D.L. n. 112 del 6/8/2008), della detrazione dell’Iva sulle spese di vitto e alloggio (diverse da quelle di rappresentanza), molte aziende hanno continuato a documentare tali oneri tramite scontrino o ricevuta fiscale “parlanti”, rinunciando, di fatto, alla possibilità di detrarre l’Iva su tali costi. Nella Circolare n. 6/E del 13/03/2009 l’Agenzia delle Entrata ha fornito alcune precisazioni che destano assoluto stupore. Secondo l’Agenzia, infatti, l’Iva che l’azienda rinuncia a detrarre, perché non documentata da fattura, non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e, come precisato nella Risoluzione 84/E del 31/03/2009, analoga sorte spetta ai fini Irap (addirittura per le stesse società di capitali che, in base alla riforma Irap introdotta dalla Finanziaria 2008, determinano le componenti rilevanti ai fini dell’imposta sulla base del dato contabile e non più sulla base del valore rilevante ai fini IIDD). L’interpretazione di “chiusura” dell’Amministrazione finanziaria si basa sulla considerazione che il contribuente ha facoltà di chiedere la fattura agli esercenti (ristoranti, alberghi, ecc) che a fronte di tale richiesta sono tenuti ad emetterla (art. 22, co.2, del DPR 633/72) in luogo dello scontrino o ricevuta. Il fisco dimostra di non conoscere la realtà delle cose. Indipendentemente dal fatto che l’esercente (anche se non potrebbe) si rifiuta di emettere una fattura (in luogo dello scontrino) a fronte di una somministrazione di pochi spiccioli (si pensi ad un caffè o a un tramezzino), diventa in ogni modo antieconomico per il committente richiedere l’emissione di un documento che, dal punto di vista amministrativo, gli comporterebbe oneri decisamente più elevati rispetto ad una (pur già complessa) rilevazione della spesa nella nota a piè di lista presentata dal dipendente. Si pensi allo smistamento dei documenti, alla registrazione del singolo documento, all'apertura e chiusura contabile del fornitore, ecc. Non solo, il fisco dimentica che il legislatore ha già disciplinato in una chiara ed inequivocabile ottica di semplificazione la materia. Due sono le norme di interesse per il caso in questione:
1. l’art. 22, co. 3, del DPR n. 633/72 che obbliga l’imprenditore a richiedere la fattura nei confronti degli esercenti solamente nel caso di acquisto di beni che formano oggetto dell’attività (nel caso in questione si tratta, invece, di servizi);
2. l’articolo 3 del DPR 696/1996 (regolamento sulle semplificazioni) il quale chiaramente dispone che “ai fini della deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell'applicazione delle imposte sui redditi, può essere utilizzato lo scontrino fiscale, a condizione che questo contenga la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell'operazione e l'indicazione del numero di codice fiscale dell'acquirente o committente (ndr c.d. scontrino “parlante”), ovvero la ricevuta fiscale integrata a cura del soggetto emittente con i dati identificativi del cliente”.
E’ opportuno che l’Agenzia riveda la propria posizione al fine di non generare
• nell’immediato inutili e sterili perdite di tempo alle aziende che, per seguire le nuove indicazioni del Fisco dovrebbero “scorporare”, ai fini della registrazione, l’imposta implicitamente contenuta nel corrispettivo e,
• nel futuro, altrettanto ingiustificabili contenziosi.
Altrettanto paradossalmente, in sede di verifica, l’incomprensibile presa di posizione potrebbe, peraltro, trovare estensione ad altre fattispecie nelle quali il contribuente, per ragioni di economicità, rinuncia alla potenziale possibilità di recuperare l’Iva (si pensi, a titolo esemplificativo: all'Iva estera legata al sostenimento di spese sostenute per fiere all’estero, che non sempre viene chiesta a rimborso; ai pedaggi autostradali non documentati tramite telepass; al noleggio di auto effettuata direttamente dal dipendente in occasione di una trasferta specifica; ecc).

CONCLUSIONI
Ci si augura che l'Agenzia delle Entrate, sopratutto al fine di evitare inutili complicazioni alle imprese, voglia trovare l'occasione per rivedere la propria posizione riconoscendo la deducibilità dell'Iva implicitamente compresa nel corrispettivo documentato da scontrino o ricevuta fiscale.

Maggio 2009
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza


LA SOLUZIONE DEL CASO *** 19/5/2010 ***

Con la Circolare n. 25/E del 19/05/2010 l'Agenzia delle Entrate ritorna opportunamente sui propri passi con riguardo ad alcune non condivisibili posizioni espresse nella Circolare n. 6/E del 3/3/2009 e nella R.M. n. 84/E del 31/03/2009. Con tali declaratorie il Fisco negava la deducibilità ai fini IRPEF/IRES ed IRAP dell'Iva non detratta sulle spese per prestazioni albeghiere e somministrazioni di alimenti e bevande per spese documentate con ricevuta fiscale o scontrino parlante. Con la nuova circolare viene, invece, riconosciuto che la scelta del contribuente di ricorrere alla documentazione tramite scontrino o ricevuta fiscale (documento che non consente la detrazione ai fini Iva) può essere legato a valutazioni di convenienza economico-gestionale. Viene altresì riconosciuto (e come non si poteva fare diversamente) che l'art. 22, co.3, del DPR n. 633/723 non obbliga l'imprenditore a richiedere la fattura per l'acquisto di prestazioni alberghiere e di ristorazione(tale obbligo sussiste, infatti, solo per gli acquisti di beni oggetto dell'attività propria). In conclusione, l'Iva non detratta ed implicitamente compresa nel corrispettivo documentato da RF o scontrino rimane deducibile (in aggiunta al costo) tanto ai fini IRES/IRPEF che IRAP sempreché sia riferita a costi inerenti e nel limite del 75% previsto dall'art. 109, co.5, del TUIR (si ricorda che tale limite non opera per le trasferte fuori territorio comunale di dipendenti e collaboratori).
Infine, l'Agenzia precisa che non può, invece, costituire costo inerente all'attività esercitata e, conseguentemente, non è deducibile dal reddito l'Iva documentata mediante fattura e rimasta a carico del contribuente (impresa o professionista) a causa del mancato esercizio del diritto alla detrazione.

19/05/2010
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

mercoledì 31 marzo 2010

Ritardi Intrastat: le Entrate limitano l'applicazione dello Statuto ai soli ritardi di gennaio 2010

Con la circolare n. 14/E del 18/03/2010 l'Agenzia delle Entrata ha preso atto del fatto che il Decreto MEF del 22/02/2010 è stato pubblicato sulla G.U. solo in data 5/3/2010. Si tratta cioè di una data successiva a quella nella quale sono spirate le prime scadenze introdotte dal decreto medesimo, vale a dire quelle del 25 (o 20) febbraio 2010 previste per la presentazione degli elenchi Intrastat relativi al mese di gennaio 2010. Al riguardo l'Agenzia riconosce, pertanto, che i contribuenti dispongono di 60 gg dalla pubblicazione in Gazzetta delle disposizioni di attuazione (si arriva quindi al 04/05/2010) per adempiere, senza sanzioni, alla presentazione ritardata degli elenchi in questione. I citati 60 giorni sono quelli previsti dall'art. 3, co.2, dello Statuto del Contribuente il quale prevede che "in ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data ... dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti". La circolare citata limita l'applicazione delle disposizioni di tutela dello Statuto alle sole scadenze relative a gennaio 2010. Va osservato che nei citati 60 gg sono, invece, comprese anche le scadenze di marzo (relative a febbraio) nonché quelle di aprile 2010(relative a marzo o al primo trimestre). Appare pertanto discutibile la tesi di circoscrivere l'applicazione dello Statuto alle sole scadenze spirate il 25 (o 20) febbraio. Non è probabilmente un caso il fatto che tale limitazione sia stata indicata nella circolare fra due "parentesi".