giovedì 29 aprile 2010

Iva vitto e alloggio: il fisco dimentica le semplificazioni volute dal legistatore nel 1996

PARADOSSI INTERPRETATIVI
Indeducibilità dell’Iva non detratta su vitto e alloggio. Nonostante l’introduzione, da settembre 2008 (modifiche introdotte dal D.L. n. 112 del 6/8/2008), della detrazione dell’Iva sulle spese di vitto e alloggio (diverse da quelle di rappresentanza), molte aziende hanno continuato a documentare tali oneri tramite scontrino o ricevuta fiscale “parlanti”, rinunciando, di fatto, alla possibilità di detrarre l’Iva su tali costi. Nella Circolare n. 6/E del 13/03/2009 l’Agenzia delle Entrata ha fornito alcune precisazioni che destano assoluto stupore. Secondo l’Agenzia, infatti, l’Iva che l’azienda rinuncia a detrarre, perché non documentata da fattura, non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e, come precisato nella Risoluzione 84/E del 31/03/2009, analoga sorte spetta ai fini Irap (addirittura per le stesse società di capitali che, in base alla riforma Irap introdotta dalla Finanziaria 2008, determinano le componenti rilevanti ai fini dell’imposta sulla base del dato contabile e non più sulla base del valore rilevante ai fini IIDD). L’interpretazione di “chiusura” dell’Amministrazione finanziaria si basa sulla considerazione che il contribuente ha facoltà di chiedere la fattura agli esercenti (ristoranti, alberghi, ecc) che a fronte di tale richiesta sono tenuti ad emetterla (art. 22, co.2, del DPR 633/72) in luogo dello scontrino o ricevuta. Il fisco dimostra di non conoscere la realtà delle cose. Indipendentemente dal fatto che l’esercente (anche se non potrebbe) si rifiuta di emettere una fattura (in luogo dello scontrino) a fronte di una somministrazione di pochi spiccioli (si pensi ad un caffè o a un tramezzino), diventa in ogni modo antieconomico per il committente richiedere l’emissione di un documento che, dal punto di vista amministrativo, gli comporterebbe oneri decisamente più elevati rispetto ad una (pur già complessa) rilevazione della spesa nella nota a piè di lista presentata dal dipendente. Si pensi allo smistamento dei documenti, alla registrazione del singolo documento, all'apertura e chiusura contabile del fornitore, ecc. Non solo, il fisco dimentica che il legislatore ha già disciplinato in una chiara ed inequivocabile ottica di semplificazione la materia. Due sono le norme di interesse per il caso in questione:
1. l’art. 22, co. 3, del DPR n. 633/72 che obbliga l’imprenditore a richiedere la fattura nei confronti degli esercenti solamente nel caso di acquisto di beni che formano oggetto dell’attività (nel caso in questione si tratta, invece, di servizi);
2. l’articolo 3 del DPR 696/1996 (regolamento sulle semplificazioni) il quale chiaramente dispone che “ai fini della deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell'applicazione delle imposte sui redditi, può essere utilizzato lo scontrino fiscale, a condizione che questo contenga la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell'operazione e l'indicazione del numero di codice fiscale dell'acquirente o committente (ndr c.d. scontrino “parlante”), ovvero la ricevuta fiscale integrata a cura del soggetto emittente con i dati identificativi del cliente”.
E’ opportuno che l’Agenzia riveda la propria posizione al fine di non generare
• nell’immediato inutili e sterili perdite di tempo alle aziende che, per seguire le nuove indicazioni del Fisco dovrebbero “scorporare”, ai fini della registrazione, l’imposta implicitamente contenuta nel corrispettivo e,
• nel futuro, altrettanto ingiustificabili contenziosi.
Altrettanto paradossalmente, in sede di verifica, l’incomprensibile presa di posizione potrebbe, peraltro, trovare estensione ad altre fattispecie nelle quali il contribuente, per ragioni di economicità, rinuncia alla potenziale possibilità di recuperare l’Iva (si pensi, a titolo esemplificativo: all'Iva estera legata al sostenimento di spese sostenute per fiere all’estero, che non sempre viene chiesta a rimborso; ai pedaggi autostradali non documentati tramite telepass; al noleggio di auto effettuata direttamente dal dipendente in occasione di una trasferta specifica; ecc).

CONCLUSIONI
Ci si augura che l'Agenzia delle Entrate, sopratutto al fine di evitare inutili complicazioni alle imprese, voglia trovare l'occasione per rivedere la propria posizione riconoscendo la deducibilità dell'Iva implicitamente compresa nel corrispettivo documentato da scontrino o ricevuta fiscale.

Maggio 2009
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza


LA SOLUZIONE DEL CASO *** 19/5/2010 ***

Con la Circolare n. 25/E del 19/05/2010 l'Agenzia delle Entrate ritorna opportunamente sui propri passi con riguardo ad alcune non condivisibili posizioni espresse nella Circolare n. 6/E del 3/3/2009 e nella R.M. n. 84/E del 31/03/2009. Con tali declaratorie il Fisco negava la deducibilità ai fini IRPEF/IRES ed IRAP dell'Iva non detratta sulle spese per prestazioni albeghiere e somministrazioni di alimenti e bevande per spese documentate con ricevuta fiscale o scontrino parlante. Con la nuova circolare viene, invece, riconosciuto che la scelta del contribuente di ricorrere alla documentazione tramite scontrino o ricevuta fiscale (documento che non consente la detrazione ai fini Iva) può essere legato a valutazioni di convenienza economico-gestionale. Viene altresì riconosciuto (e come non si poteva fare diversamente) che l'art. 22, co.3, del DPR n. 633/723 non obbliga l'imprenditore a richiedere la fattura per l'acquisto di prestazioni alberghiere e di ristorazione(tale obbligo sussiste, infatti, solo per gli acquisti di beni oggetto dell'attività propria). In conclusione, l'Iva non detratta ed implicitamente compresa nel corrispettivo documentato da RF o scontrino rimane deducibile (in aggiunta al costo) tanto ai fini IRES/IRPEF che IRAP sempreché sia riferita a costi inerenti e nel limite del 75% previsto dall'art. 109, co.5, del TUIR (si ricorda che tale limite non opera per le trasferte fuori territorio comunale di dipendenti e collaboratori).
Infine, l'Agenzia precisa che non può, invece, costituire costo inerente all'attività esercitata e, conseguentemente, non è deducibile dal reddito l'Iva documentata mediante fattura e rimasta a carico del contribuente (impresa o professionista) a causa del mancato esercizio del diritto alla detrazione.

19/05/2010
Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

1 commento:

  1. Pasti e alberghi: il fisco ritrova i lumi della ragione

    Con la Circolare n. 25/E del 19/05/2010 l'Agenzia delle Entrate ritorna opportunamente sui propri passi con riguardo ad alcune non condivisibili posizioni espresse nella Circolare n. 6/E del 3/3/2009 e nella R.M. n. 84/E del 31/03/2009. Con tali declaratorie il Fisco negava la deducibilità ai fini IRPEF/IRES ed IRAP dell'Iva non detratta sulle spese per prestazioni albeghiere e somministrazioni di alimenti e bevande per spese documentate con ricevuta fiscale o scontrino parlante. Con la nuova circolare viene, invece, riconosciuto che la scelta del contribuente di ricorrere alla documentazione tramite scontrino o ricevuta fiscale (documento che non consente la detrazione ai fini Iva) può essere legato a valutazioni di convenienza economico-gestionale. Viene altresì riconosciuto (e come non si poteva fare diversamente) che l'art. 22, co.3, del DPR n. 633/723 non obbliga l'imprenditore a richiedere la fattura per l'acquisto di prestazioni alberghiere e di ristorazione(tale obbligo sussiste, infatti, solo per gli acquisti di beni oggetto dell'attività propria). In conclusione, l'Iva non detratta ed implicitamente compresa nel corrispettivo documentato da RF o scontrino rimane deducibile (in aggiunta al costo) tanto ai fini IRES/IRPEF che IRAP sempreché sia riferita a costi inerenti e nel limite del 75% previsto dall'art. 109, co.5, del TUIR (si ricorda che tale limite non opera per le trasferte fuori territorio comunale di dipendenti e collaboratori).
    Infine, l'Agenzia precisa che non può, invece, costituire costo inerente all'attività esercitata e, conseguentemente, non è deducibile dal reddito l'Iva documentata mediante fattura e rimasta a carico del contribuente (impresa o professionista) a causa del mancato esercizio del diritto alla detrazione.

    19/05/2010
    Ufficio fiscale Apindustria Vicenza

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